“Viaggio al termine della notte” con Elio Germano ieri a Catania

7 Giugno 2025

Sono suoni appuntiti e rabbiosi quelli che preparano in un crescendo sensoriale vibrante, alla voce inquieta di Bardamu interpretato da Elio Germano nella lettura magistrale del testo di Celine “Viaggio al termine della notte”.
Le voci di Elio, alterate, sovrapposte a volte confuse sono allucinate, surreali, piene della rabbia di Celine di tutta l’inquietudine di una delle voci letterarie più imponenti del Novecento. La grande letteratura di Céline, capace di mescolare superbamente dolore e riso, si condensa in note inquietanti, in un saliscendi di sonorità che accompagna perfettamente il senso delle parole.
“Siamo tutti seduti su una grande galera e remiamo tutti fino a schiattare” urla una delle voci di Elio Germano che alterna Bardamu ad Arthur, con un magistrale utilizzo delle corde vocali. Non si sposta dalla postazione iniziale sul palco del teatro greco di Catania, Elio resta seduto ma sembra volare con le braccia e con il corpo che muove, rotea e poi si accascia, testimone dell’immenso malessere di un giovane Bardamu nel suo viaggio nella vita e nel mondo sconvolto dalla grande guerra. Germano accende un lume sul tavolo con un interruttore che fa un click sinistro, la luce gli illumina in parte il volto: “È degli uomini, di loro soltanto che bisogna avere paura. Sempre.”
La musica riprende enigmatica, come l’animo umano, come il viaggio nel mondo e nella vita che compie Bardamu verso la morte, ma prima gli orrori dei corpi crivellati di colpi, elmetti, fuoco, fame e follia.
Mi ritrovo con le mani attorcigliate, lo stomaco contratto, come in un film di suspence. Un istante di pausa e riprendo fiato. Incredibile come la scena immobile lasci passare le immagini della paura della guerra, dalla voce alle corde più intime dell’ascoltatore. Le musiche di Theo Theardo, il violoncello e i violini, accompagnano con aperture eccentriche e chiusure d’effetto le voci deformate dalla consapevolezza di un mondo orribile dove si uccide in una guerra corpo a corpo. La follia umana del testo, somiglia a quella dei nostri giorni, sembra dica questo Elio Germano, lo suggerisce la sua veemenza.
Chiude lo spettacolo una nota stonata, acuta e una frase normale che diventa suono “e che non se ne parli più”.
E poi alla fine lo aspetto, lo incontro, gli stringo la mano e lo ringrazio per essere quello che è, un attore eccezionale, un uomo libero e autentico. Schivo mi ringrazia con un sorriso sotto la visiera del cappellino che dovrebbe proteggere la sua identità, e la maglietta rossa Emergecy, indossata, secondo me, non a caso.
Di Tiziana Crisafulli

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