L’alimentazione nel mondo antico: usi e abusi
26 Maggio 2025Le carote e i piselli erano di un triste colore grigio e Galeno di Pergamo raccomandava il consumo della carne di suino. “Ager e cibus. Alimentazione, territorio, sostenibilità salute tra natura cultura e tecnologia” è il titolo del progetto interdipartimentale di ricerca dell’ateneo di Catania, concepito dalla Professoressa Cardullo e dalla Professoressa Cassia, dedicato al territorio e al cibo. Si tratta anche di un progetto interdisciplinare che vede storici, storici della filosofia, sociologi, lavorare in team con una visione unica sul concetto di territorio e ambiente, affrontando il tema sia indipendentemente che in interconnessione tra le varie discipline. Il cibo, oltre a essere importante per la saluta fisica, ha anche un alto valore simbolico e metaforico, e ha un valore importante anche per il territorio che lo caratterizza. Lo scopo dello studio è anche quello di recuperare il rapporto tra le persone e la tradizione delle colture.
Relazionano il primo incontro del ciclo di seminari, svoltosi nell’aula magna del palazzo Ingrassia, i docenti dell’università di Catania Margherita Cassia, Gaetano Arena, la docente dell’università di Messina, Marilena Casella e il Professore Roberto Cristofoli dell’università di Perugia.
Apre il dibattito la Professoressa Casella con una relazione sul ruolo delle autorità politiche circa l’approvvigionamento degli alimenti di prima necessità dell’urbs e delle città del Mediterraneo. “Roma, dai tempi di Augusto fino al 4 secolo, mantenne una popolazione dell’ordine di un milione di abitanti, per cui la cura del suo approvvigionamento non poteva essere lasciata al caso o ai privati. Il meccanismo annonario raggiunse un notevole livello di complessità di carattere amministrativo istituzionale e pragmatico. Il reperimento delle derrate alimentari era basato su distribuzione gratuita, vendita a prezzi calmierati e libero mercato”. Sottolinea la docente che la plebe romana non si è mai configurata veramente come la parte oziosa della popolazione mantenuta col grano pubblico e intrattenuta con gli spettacoli.
Del consumo della carne di maiale nel mondo romano antico si è occupato il Professore Arena, attraverso lo studio delle tre opere di Galeno di Pergamo (129-206 c.a.), dedicate all’approccio terapeutico ritenuto meno invasivo, ossia quello di tipo dietetico, il De victu attenuante (Sulla dieta dimagrante), il De alimentarum facultatibus (Sulle proprietà degli alimenti), De bonis malisque sucis (Su salubrità e tossicità degli alimenti). Nel De victu attenuante, redatto intorno al 170 d.c., una delle prime opere di Galieno, si legge: la carne dei maiali domestici è tra tutti gli alimenti il più nutriente, ma se ne astenga chi intende seguire una dieta dimagrante. Si può consumare solo se si fa molta attività fisica. Galeno fu medico personale di Marco Aurelio.
Del consumo del cucumis melo nell’antica Roma si è occupato il Professore Cristofoli dell’università di Perugia. L’origine del melone va rintracciata in India, nel periodo romano non era dolce come quello di oggi. La differenza tra i meloni e i cocomeri è spiegata ancora una volta da Galeno. Gli uni hanno un gusto meno spiacevole e un minor effetto diuretico e lassativo. Pare fossero molto piccoli non superiori ai due etti.
Conclude il seminario la docente Margherita Cassia argomentando con la relazione “Consumo eccessivo della frutta le indigestioni di Galeno e i guasti alimentari della Roma antonina”.
Già nel De alimento ippocratico si legge: in un alimento si trova una medicina eccellente, in un alimento una medicina scadente. La frase condensa la funzione ambivalente del cibo. Il cibo crudo o non ben cotto era molto temuto in quanto indigesto. I cibi non cotti una volta ingeriti, all’interno del corpo sarebbero andati incontro a una sorta di putrefazione. L’impiego della frutta fresca era consigliato sia da Ippocrate che da Galeno ma sempre nel rispetto di alcune prescrizioni, altrimenti sarebbe risultata difficile da digerire. Il consumo della frutta deve avvenire con parsimonia, Ippocrate consigliava di cibarsene come fosse una medicina.
Osservare una dieta salutare per prendersi cura del proprio corpo, fa bene allo spirito ed è un consiglio che vale da secoli.
Di Tiziana Crisafulli
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